Intervista a Giovanna Gabetta per Il Mese delle STEM

Intervista a Giovanna Gabetta per Il Mese delle STEM. Ecco un’altra intervista per la nostra rubrica speciale per le studentesse che vogliono contare. Giovanna Gabetta è un’ingegnere nucleare e oggi ci racconta della sua esperienza e del suo rapporto con le materie STEM.

Giovanna Gabetta si presenta così:

Nata a Voghera nel 1952, ha frequentato il Liceo Classico Virgilio a Roma e si è diplomata nel 1970. Si è laureata in Ingegneria Nucleare presso il Politecnico di Milano nel Luglio 1975, con la votazione di 96/100. È stata la prima ragazza laureata in Ingegneria Nucleare a Milano. Sposata dall’ottobre 1975 con Carlo Zanotti, ha tre figli: due gemelle nate nel 1980 (Paola e Emma) e Gianluigi nato nel 1983.

Dopo un breve periodo dedicato all’insegnamento in una scuola professionale a Genova, dal 1 settembre 1978 ha lavorato presso il Cise (Centro Informazioni Studi Esperienze) di Segrate, Milano. Dal 1 luglio 1994 è dipendente eni, prima presso EniRicerche – EniTecnologie, dal 1 Agosto 2004 nella Divisione esplorazione & produzione, oggi DOT (Development, Operation and Technology). Si è sempre occupata di progetti di ricerca e studi sui materiali metallici, in particolare nell’ambito della corrosione, della meccanica della frattura e di altri meccanismi di danno, su componenti industriali per la generazione di potenza (al CISE) e per il trasporto degli idrocarburi (all’Eni). Più di recente ha anche partecipato ad un progetto Eni di Knowledge Management.

Si interessa anche di studi di genere. E’ socia del Soroptimist Internazionale d’Italia (Club Milano Scala) e di Aidia (Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architetto). Più di recente ha cominciato a raccogliere documentazione di famiglia, pubblicandola per diffonderla tra figli e nipoti.

Ha pubblicato circa 200 lavori scientifici su rivista e a convegni (internazionali e nazionali), di cui un certo numero su invito. Ha partecipato a più di 30 Comitati scientifici ed organizzativi di conferenze dal 1994 ad oggi. È stata ed è attiva come referee per alcune riviste scientifiche. Ha pubblicato una trentina di articoli e/o presentazioni a convegni sul tema: “Donne e professioni tecniche e scientifiche”.

Libri pubblicati:

“Sesso, amore e gerarchia” di Valeria Fieramonte e Giovanna Gabetta, editore: Greco & Greco, ISBN 88-7980-172- 4.

“L’Alternativa Negata – La donna, la scienza, il potere” di Giovanna Gabetta, editrice Egea, Milano, ISBN 88-238- 3049-4. Il libro ha vinto nel 2003 il 25th premio del Soroptimist International d’Italia (premio Lida Brambilla).

“Un poeta e due sommergibili”, edito in proprio (edizioni “Il mio libro”).

“Alla ricerca di un’ingegnere con l’apostrofo”, curato a nome di AIDIA Il libro è stato pubblicato da edizioni DEI con il supporto di CNI, Consiglio nazionale degli Ingegneri, 2013 ISBN: 884960512.

Intervista a Giovanna Gabetta per Il Mese delle STEM

• Quale Liceo hai scelto?

Non ho scelto. In casa mia si doveva fare il classico, e così abbiamo fatto tutti e quattro noi figli. Si doveva essere bravi a scuola, e lo siamo stati tutti. Io in particolare non ho mai fatto fatica ad esserlo. Comunque il mio liceo, il Virgilio di Roma, mi è piaciuto moltissimo. L’ultimo anno sono passata al Beccaria di Milano e l’ho giudicato di livello inferiore. Forse ero un po’ presuntuosa…

• Quale era la tua materia preferita al Liceo?

Mi piacevano quasi tutte, forse un po’ meno storia e filosofia, ma il mio professore di Roma mi è rimasto nel cuore sempre.

• Quale Università hai frequentato e perché?

Mi sono iscritta al Politecnico perché volevo fare qualcosa di scientifico ma non sapevo bene cosa, e ingegneria mi sembrava più ad ampio spettro. Certamente mi ha influenzato il fatto che il papà fosse un ingegnere, il fatto che ero sempre stata una “bambina così intelligente” e il fatto che fosse una scelta un po’ “speciale” per una ragazza. Mi è sempre piaciuto mettermi in mostra.

• Se potessi tornare indietro nel tempo, chi vorresti conoscere?

Mi ha sempre incuriosito vivere la mia vita. Non ho mai desiderato di conoscere qualcuno in particolare e nemmeno tornare indietro nel tempo. Non so rispondere. Oppure forse, ci sono alcuni autori di cui ho letto molto e che mi sembra di conoscere: Virginia Woolf, Bruno Bettelheim, Karen Blixen… però non so se mi piacerebbe conoscerli di persona, mi sembra di conoscerli attraverso i loro scritti e forse mi basta così.

• Chi ti ha ispirato e guidato nella tua carriera?

All’interno delle due aziende in cui ho lavorato mi è sempre sembrato di avere più ostacoli che ispirazione e guida. Non condivido per nulla l’impostazione gerarchica e non l’ho mai nascosto. Infatti non ho propriamente fatto carriera, se si intende partecipare alle decisioni, crescere nella scala gerarchica e nello stipendio. Però nonostante questo (e grazie comunque alle aziende per cui ho lavorato), ho raggiunto dei bei traguardi per quanto riguarda i risultati scientifici – nonostante in Italia abbia visto un certo declino della ricerca e della competenza tecnica in generale – e sono stata per molti anni membro di vari gruppi di lavoro internazionali. Uno sul nucleare in particolare, insieme a tanti colleghi provenienti da tutto il mondo, che mi hanno insegnato un sacco di cose, mi hanno protetto e ispirato.

Anche perché ero quasi sempre l’unica ragazza anche qui! Ricordo anche un professore tedesco, che mi faceva un po’ paura ma mi ha sempre supportato anche a livello internazionale, e con lui i colleghi del centro di ricerca Helmholtz-Zentrum (Geesthacht Zentrum für Material- und Küstenforschung), e alcuni altri. Da quando sono all’Eni (1994) non ho potuto più seguire i lavori di tutti questi gruppi, ma ho intrecciato contatti molto interessanti con alcune Università e Associazioni tecniche del Nord Africa che si presentavano come altrettanto interessanti – anche se nel frattempo il mio ruolo era cambiato, più da mentore che da apprendista – ma purtroppo la crisi ha fatto sì che attualmente la possibilità di esplorare questi aspetti sia molto ridotta.

• Una frase che non sopporti?

Quando sento dire che “i giovani non hanno futuro”. Penso che siamo noi vecchi a non avere futuro, i giovani hanno almeno quello, e hanno comunque un sacco di opportunità, anche se i tempi sono più difficili sotto certi aspetti – ma non tutti – rispetto a quaranta anni fa. Ci sono un sacco di cose da fare e ci sono anche stati tanti progressi che non bisogna dimenticare e soprattutto non bisogna perdere.

• Una frase che ripeti spesso?

Dico spesso che quando mio padre si è laureato, nel 1939, lo hanno mandato a fare la guerra in un sommergibile. E lui era anche convinto che fosse giusto così. Non era la preistoria, oggi si deve vigilare perché non succeda di nuovo.


• Quanto hanno contribuito le tue conoscenze logico – matematiche nella tua carriera?

Sicuramente il mio lavoro richiede qualche conoscenza logico-matematica. Tuttavia ho sempre fatto fare la parte di calcolo e modellazione ad altri. Io riesco a dare qualche spunto, non padroneggio i mezzi della matematica “vera”.

• Cosa fare per scoraggiare il fenomeno degli stereotipi di genere?

E’ un problema culturale e secondo me è più importante di quello che pensiamo. Le cose che diceva Virginia Woolf sono ancora molto valide, e spesso si confonde l’emancipazione con la dipendenza e i passi avanti con quelli all’indietro. Mi piacerebbe che qualche sociologa/o, per esempio, studiasse l’effetto degli atteggiamenti seduttivi sul luogo di lavoro, oppure la moda… c’è ancora un sacco di lavoro da fare.

• Oggi fra i giovani la paura più grande è non riuscire a realizzarsi. Qual è il tuo consiglio?

Siamo sicuri che i giovani abbiano paura di non riuscire a realizzarsi? Cosa significa realizzarsi per i giovani di oggi? Ognuno ha le sue esigenze. Forse oggi ci sono troppe possibilità tra cui scegliere, e allora diventa difficile capire in che direzione andare. Io comunque credo che in parte riusciamo a costruire il nostro futuro, ma in parte dipendiamo dal caso: un incontro, una circostanza…

• Cos’è il successo per te?

Mah! Domanda difficile. È qualcosa di momentaneo, che corrisponde alla sensazione di aver fatto bene qualcosa. È bello se anche gli altri se ne accorgono, ma anche se rimane una cosa soltanto tua, può bastare.